Le modifiche del panorama
Negli ultimi 10 anni vi è stato un aumento di quasi il 50% delle richieste e degli accessi ai servizi di NPIA, dato eccezionale in ambito sanitario, casi che si presentano di rilevante gravità con carattere d’urgenza e complessità. I disturbi nell’ambito della salute mentale in età evolutiva rappresentano una realtà clinica molto variegata.
Le manifestazioni dei disturbi psicopatologici nei minori, mutano rapidamente, con caratteristiche “liquide” in condizione di mescolarsi ai mutamenti sociali e al progredire tecnologico, delineando quadri in costante evoluzione (dipendenza da internet, isolamento in casa ecc.).
Le caratteristiche cliniche di questi disturbi spesso portano i minori all’incapacità di reggere un percorso scolastico «tradizionale», con la necessità di formulare percorsi personalizzati.
Aumentano le condizioni che pongono i ragazzi a maggior rischio per la salute mentale, come la povertà, la perdita del lavoro di un genitore, la situazione dei minori migranti e delle loro famiglie con storie di vita altamente traumatiche.
Se aumento delle richieste e della complessità dei casi sono un fenomeno generale dell’età evolutiva, in adolescenza, negli ultimi 10 anni, questi aspetti risultano ancora più marcati.
Dal 2011 al 2019 gli utenti nella fascia 14-17 anni in carico nei DSM-DP della Regione Emilia Romagna sono aumentati del 71,8%.
Il fenomeno può avere molte spiegazioni: da un lato i “classici” fattori di protezione (come la famiglia e la rete sociale) non tengono come una volta: la normalità dal punto di vista degli adulti viene sempre più “erosa”, pensiamo all’uso dei social, all’uso di sostanze, alle regole.
Dall’altro lato anche i ragazzi hanno difficoltà proprie, ad esempio si riscontra sempre più frequente una fragilità narcisistica, la necessità compulsiva di apparire, di avere approvazione, di non fare brutta figura; il timore di fallire, di non riuscire porta a diversi sintomi: attacchi al corpo, abuso di sostanze, ritiro sociale, DCA, sovraesposizione sociale, agiti devianti.
Interrogando i medici di medicina generale su quali siano i problemi che portano a loro gli adolescenti emergono: autolesione, isolamento sociale e difficoltà nelle relazioni interpersonali, difficoltà di accettazione del proprio corpo (fino al disturbo alimentare), disturbi psicosomatici (come cefalea e dolori addominali ricorrenti di natura tensionale), accessi al Pronto Soccorso.
Allargando lo sguardo alla letteratura (Costa et al., 2018) vi è conferma di questi aspetti:
- in tutto il mondo aumentano (del 50%) gli accessi in urgenza,
- i suicidi sono terza o seconda causa di morte, per i ragazzi, dopo gli incidenti.
Nell’ambito dell’adolescenza alcune delle nuove sfide della psicopatologia sono: - il lavoro clinico con i minori stranieri, in particolare i non accompagnati (MSNA),
- il lavoro clinico con i minori autori di reato, per i quali vi è una percentuale di circa un terzo di disturbi internalizzanti, ma anche una bassa percentuale di progetti concreti di formazione o lavoro dopo aver scontato la pena.
- l’ autolesione, fenomeno che periodicamente balza alle cronache, come nel caso della “Balena blu”, ma che costituisce un quadro diffuso, che riguarderebbe fino al 17% della popolazione ( Swannel et al., 2014)
- i ritirati sociali, quadro clinico che aumenta di numero e registra un abbassarsi dell’età di esordio, cui sono sottostanti diverse diagnosi e che a volte è descritto come “primario”.
La prospettiva teorica
La prospettiva teorica di base dei Servizi di NPIA è:
La psicopatologia dello sviluppo: concetto di multifattorialità che porta a traiettorie adattive vs disadattive a seconda dell’intreccio di più variabili,
La prospettiva ecologica: modello di presa in cura di tipo multiprofessionale e multidimensionale con coinvolgimento del paziente, della famiglia, dell’ambiente di vita (educativo, referenti primari della salute, ecc.), rete dei servizi, in un’ottica di «Sistema Curante» e «Cura del Sistema».
La prospettiva evolutiva e il concetto di patomorfosi (Levi et al., 2007): ogni forma di disagio psichico produce una predisposizione e vulnerabilità maggiori rispetto a possibili altri problemi psichici in successivi momenti (o fasi) di sviluppo; per questo gli interventi devono essere tempestivi e mirati.
I fattori di vulnerabilità per lo sviluppo di traiettorie di sviluppo disadattive sono sia di natura endogena (corredo genetico, processi neurobiologici, caratteristiche temperamentali) che di natura esogena – ambientale come ad esempio parenting inadeguato, stile di attaccamento insicuro, ecc.
La maggior parte dei fattori di rischio (ad esempio la combinazione di povertà, violenza familiare e psicopatologia genitoriale) non sono correlati a disturbi specifici, ma possono condurre a una varietà di esiti psicopatologici.
Alcuni di questi fattori possono avere un’influenza o un’azione differenziata in differenti periodi dello sviluppo: la qualità dell’attaccamento può avere maggior rilievo nella prima infanzia, le abilità cognitive possono esercitare un ruolo maggiore nella fanciullezza, le norme educative genitoriali un ruolo più critico nell’adolescenza.
Fra i fattori di protezione vanno considerati: gli spazi familiari basati sul sostegno affettivo e la disponibilità al dialogo, ma anche su regole chiare e condivise; una buona esperienza scolastica (esperienza sufficientemente soddisfacente, caratterizzata da buone relazioni, incontro con insegnanti disponibili, ecc…); relazioni positive con i compagni; un sufficiente livello di autostima almeno in uno o più ambiti (rapporto con gli altri, scuola, famiglia, vita emotiva, corpo, capacità di far fronte alle difficoltà, sport, ecc…).
La valutazione dei fattori di rischio e dei fattori protettivi – sia del soggetto sia del suo contesto di vita – risulta indispensabile per impostare un trattamento specifico che vada a rafforzare i punti di forza.
In particolare rispetto all’adolescenza elementi caratterizzanti del nostro approccio sono:
– il continuum fra normalità e patologia e cioè la possibilità di “normalità” all’interno di un quadro patologico; in questo senso la cura può essere intesa come un “liberare” il paziente da una difesa disfunzionale;
– il valore comunicativo del sintomo: comportamento psicopatologico assume un duplice significato: allo stesso tempo nasconde qualcosa e comunica qualcosa, vuole chiamarci e respingerci.
– la crisi come momento di svolta, occasione per cambiare qualche cosa che “stava stretto” e non funzionava più.
Dal lato dell’impostazione del progetto di cura abbiamo visto sempre più nel corso degli anni l’importanza di alcuni elementi:
1. gradualità dell’intervento: sia per i ragazzi, sia per i familiari sono necessarie (oggi sempre di più) risposte terapeutiche differenti e la possibilità di cambiare nel tempo il progetto di intervento, aggiungendo, togliendo, modificando. Spesso sia per i ragazzi, sia per i genitori, non è immediatamente accettabile/fruibile l’intervento che teoricamente sarebbe più appropriato e l’obiettivo diventa proprio costruire una alleanza terapeutica che renda possibile usufruirne.
2. capacità di lavorare nell’incertezza, chiedendo tempo agli adulti di riferimento per poter capire e per poter costruire una relazione di fiducia.
3. investimento sulla ripresa del percorso evolutivo, in particolare con il supporto di un intervento educativo per sostenere i giovani pazienti potenziando le abilità di relazione interpersonale, il riconoscimento e la sperimentazione di proprie potenzialità, a partire da quelle extrascolastiche.
L’intervento dev’essere integrato (multi-professionalità, lavoro di gruppo in un équipe che assume la presa in cura e che discute periodicamente i casi), personalizzato, articolato e graduato nella sua intensità in ragione della gravità e urgenza del caso.
La patologia in età evolutiva deve essere trattata come problema dello sviluppo mentale e non come disturbo delle singole funzioni e quindi con équipe multidisciplinari per garantire una gestione unitaria e complessiva dell’intervento terapeutico (globalità) seppure attraverso programmi selettivi e mirati (specificità) erogati tempestivamente (efficienza) e per il tempo necessario (efficacia) sin dalla prima infanzia.
Esiste una mole ormai consolidata di indicazioni, presenti in differenti Linee Guida, che specificano diversi elementi necessari per la appropriata presa in carico di un minore con psicopatologia.
L’assistenza clinica standard deve prevedere l’accesso a prestazioni di psicoeducazione, colloqui di sostegno individuale e familiare, tecniche di problem solving, coordinamento con altri professionisti, attenzione ad altre comorbidità, e monitoraggio periodico delle condizioni psichiche. La psicoterapia è un elemento determinante che può essere fornito sia come trattamento specifico a ciclo individuale o di gruppo, sia come ottica di impostazione del servizio nella strutturazione della valutazione e nella erogazione dei diversi interventi.
La cura inizia già durante il percorso diagnostico dove si crea un legame di fiducia attraverso un ascolto partecipativo ed attento del minore, sempre partendo dai punti di forza (diagnosi in positivo).
Importante è il momento della restituzione a cui segue un contratto con il minore e la famiglia per condividere il progetto di cura, con obiettivi definiti.
La cura va stabilita e sostenuta dal gruppo multidisciplinare che si occupa del caso e vanno agiti ruoli diversi nel rispetto della specificità di ciascuno. .
Fondamentale è l’individuazione del case manager che può alternarsi tra diverse professionalità a seconda della fase del percorso, con il compito di coordinare il progetto che può avere diverse intensità assistenziali a seconda dei disturbi, dei contesti e delle fasi evolutive. Con l’adolescente in particolare è utile fornire: percorsi di cura di durata definita specie di gruppo, percorsi di terapie espressive, interventi educativi in spazi educativi di gruppo oltre che individuali negli ambienti di vita, gruppi terapeutici per familiari anche psicoeducativi volti alla ripresa del normale percorso evolutivo, mettendo il minore di fronte alle proprie difficoltà spesso di tipo difensivo e fornendo strumenti concreti e supporto, come l’intervento educativo.
Per fare questo è necessario appunto un fitto lavoro di rete: scuola, famiglia in primo luogo e una valorizzazione delle risorse individuali e il potenziamento della stima di sé (supporto dei coetanei) grazie ad una diagnosi in positivo.
Criticità nelle risposte
I Servizi di Neuropsichiatria Infantile territoriali, all’interno della rete integrata con le componenti educative e sociali, si occupano di aspetti di prevenzione, della formulazione diagnostica e della cura nelle situazioni patologiche, nella costante attenzione ad evitare il più possibile istituzionalizzazioni e ricoveri e a promuovere una ripresa del percorso evolutivo.
Dal Documento dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (dicembre 2017) si evince che, come evidenziato da indagini OMS e SINPIA a livello nazionale, le risposte dei servizi alle patologie neuropsichiche appaiono ancora carenti poiché raggiungono solo una parte della popolazione fragile e non assicurano sempre in modo esauriente ed appropriato i trattamenti. Emerge con chiarezza che le maggiori criticità si rilevano nell’ambito dei disturbi psichici ed in particolare nella fascia d’età preadolescenziale ed adolescenziale e nella continuità di cura verso l’età adulta.
Vi è distanza tra i bisogni, i modi e i luoghi delle risposte.
E’ necessario impegnarsi per ridurre questa distanza, prestando attenzione ai cambiamenti sociali, che hanno un forte impatto sulla salute psichica in età evolutiva e che richiedono pertanto una sempre maggiore capacità di lettura e di risposta ai bisogni.
Fornire risposte adeguate è quindi un compito che la società deve assumersi responsabilmente, per evitare la cronicizzazione e diminuire in modo rilevante i costi emotivi, sociali ed economici che ne derivano.
Le varie articolazioni del sistema sociale e sanitario alla luce di queste modifiche devono ripensare al proprio ruolo, evitando un rischio di delega.
Il Servizio di NPIA territoriale di Bologna ha quindi da diversi anni, iniziato un percorso di riflessione e di riorganizzazione per rivedere i percorsi e attualizzarli sulla base dei nuovi bisogni.
Rispetto all’adolescenza a fronte dell’aumento della richiesta di cura la prima risposta necessaria è rafforzare i servizi sanitari, con un aumento risorse, ma serve anche un ragionamento più vasto che riguarda la comunità: famiglia, scuola, ambiti di socializzazione formali ed informali. Occorre, ad esempio aiutare i ragazzi ad accettare fallimenti e sconfitte come aspetti normali ed anzi utili della vita. A fronte della paura non farcela, di non avere futuro serve una azione integrata degli adulti per offrire occasioni ed opportunità concrete di ripresa di un percorso evolutivo (corsi di formazione, stage lavorativi, ecc.) e di socializzazione e laboratoriali in contesti normali per i ragazzi che escono da situazioni di crisi.
Sempre più infatti i quadri psicopatologici uniscono aspetti di fragilità dei ragazzi a difficoltà o fatiche del sistema degli adulti a dare una risposta; la commistione di elementi ambientali e psicologici richiede un intervento integrato: gli adulti dei diversi Servizi che si mettono al servizio delle esigenze dei ragazzi; la sola risposta specialistica sanitaria porterebbe al rischio di psichiatrizzare quadri reattivi o con importanti elementi ambientali.
Il percorso di riorganizzazione dei servizi territoriali di NPIA.
Siamo partiti da analisi dei dati di attività cercando di introdurre nuovi indicatori di processo, di carico di lavoro, di carico istituzionale (adempimenti amministrativi ad esempio per la Legge 104/92). E’ stata dunque analizzata l’offerta di cura eliminando gli interventi non evidence based ed in seguito si è tentato di bilanciare la possibilità di offrire trattamenti e progetti individualizzati e personalizzati con un’offerta di alcune attività più centralizzate e qualificate (III livello) per trattamenti specifici definendo uno standard minimo di intervento trasversale in tutte le UO e l’utilizzo di questionari pre e post per la valutazione di esito. Sono stati elaborati protocolli diagnostico terapeutici nei tre ambiti neuromotorio, psicopatologia, neuropsicologia secondo questo schema: Fascia d’età – Codici ICD-10- Criteri inclusione / esclusione – Strumenti di valutazione / monitoraggio – Intervento (standard minimo di intervento) – Criteri di dimissione – Riferimenti bibliografici.
E’ stato definito uno standard minimo di intervento trasversale in tutte le UO per il minore e la famiglia, prevedendo dopo ogni ciclo di trattamento, una rivalutazione della condizione clinica. Sono stati implementati percorsi psicoterapeutici di durata definita, specie di gruppo; il gruppo attraverso identificazioni reciproche, funge da rete di contenimento e di confronto, favorendo, di conseguenza, legami esterni e intrapsichici.
E’ stata posta particolare attenzione alla formazione degli operatori con rivisitazione e adattamento delle clinical competence con assegnazione di incarichi personalizzati, su aspetti clinici specifici come, ad esempio, la gestione dei gruppi, la psicopatologia, il neuromotorio o la prima infanzia.
Si è valorizzato il modello di intervento sanitario di tipo stepped care con necessità di distinguere le situazioni che possono essere trattate anche da altre Istituzioni (pediatri, servizi sociali, ecc.) rendendo obbligatoria la richiesta del medico curante e prevedendo iniziative di formazioni comuni fra operatori dei diversi servizi. Oltre che creazioni di opuscoli informativi per i cittadini.
Fatta la mappatura dell’offerta e condivise alcune priorità, sono nati interventi di gruppo trasversali superando la territorialità (la UOC di NPIA dell’AUSL di Bologna è formata da quattro UOS, due per la città e due per l’area metropolitana pianura e montagna) su alcune tematiche emergenti, dopo avere fatto negli anni formazione specifica su alcuni temi e attribuito ad ogni professionista un incarico professionalizzante specifico.
In particolare sulla tematica emergente dei disturbi del comportamento con abbassamento dell’età di insorgenza e difficile gestione a livello scolastico e familiare, sono stati organizzati corsi di formazione specifici per le scuole su come gestire i disturbi del comportamento ed inoltre è stato offerto un trattamento specifico sul modello del Coping Power Program (Bertacchi et al., 2016, Chiodo et al., 2006) per i minori e le loro famiglie oltre ad altri interventi di gruppo per bambini più piccoli (fascia di età prescolare) sempre per la disregolazione emotiva, chiamato “Gruppo girasoli” anche in questo caso prevedendo gruppi paralleli con i genitori.
In considerazione del notevole incremento di bambini e adolescenti stranieri in carico al Servizio di NPIA e grazie all’interesse personale di due NPI che si sono formati anche all’estero, in particolare a Parigi con la Prof.ssa Marie Rose Moro, sul tema della psichiatria transculturale sono state attivate alcune iniziative specifiche come la “Consultazione transculturale”. La consultazione si caratterizza per: la presa in carico, ove possibile, dell’intero nucleo familiare; un lavoro in équipe, che vede coinvolte differenti figure professionali (neuropsichiatra infantile, psicologo, eventualmente antropologo); la possibilità di utilizzare la lingua materna del paziente, grazie all’intermediazione di un interprete. Oltre a questo presidio di grande supporto per le varie équipe, è attiva un’equipe multidisciplinare per la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) in tutela al Comune di Bologna.
Da circa un anno sempre in considerazione della necessità di offrire risposte più tempestive e specialistiche su quadri di psicopatologia acuta è stato ideato un progetto denominato “Spazio Skills”. Lo Spazio Skills è un progetto innovativo che prevede la costituzione di un’équipe territoriale multidisciplinare (NPI, Psicologo, educatore) che interviene da subito sul caso in modo integrato con un sostegno anche alla famiglia. Si rivolge a ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni con manifestazioni sub-acute di psicopatologia, con particolare attenzione ad alcune forme di disagio maggiormente presenti sul territorio, come i disturbi del comportamento, i disturbi d’ansia e dell’umore, i disturbi del comportamento alimentare (DCA), i fenomeni di ritiro sociale e le vulnerabilità post traumatiche. Il progetto è così articolato:
– Una prima fase di accoglienza, valutazione e diagnosi per intercettare precocemente i bisogni del/la giovane al fine di predisporne un’efficace e tempestiva presa in carico. Contestualmente al percorso del ragazzo, viene preso in carico anche la famiglia con diverse offerte di sostegno alla genitorialità (individuale e di gruppo);
– Una seconda fase riguarda la presa in carico del ragazzo e, contestualmente, la proposta di una progettualità personalizzata da parte dell’équipe, che tenga conto delle sue singolari fragilità e necessità soggettive per aiutarlo a superare il disagio che ne costituisce il blocco evolutivo.
– Una terza fase, di accompagnamento verso realtà educative, formative e ricreative presenti sul territorio in un percorso di reinserimento nel proprio ambiente di vita, familiare e sociale, valorizzandone le consapevolezze e le nuove strategie acquisite perché si consolidino e gli permettano una funzionale ripresa evolutiva.
Oltre alla cura, si ritiene importante sottolineare l’aspetto di prevenzione che questa nuova organizzazione di Servizio si prefigge di realizzare nel territorio per limitare l’esordio di severi quadri psicopatologici.
I punti di forza di questa nuova progettualità sono il lavoro di équipe multidisciplinare, la progettualità personalizzata, il lavoro sull’ambiente di vita del ragazzo e la valorizzazione delle risorse in esso presenti, il lavoro in rete con i Servizi pubblici e privati già presenti sul territorio.
Il servizio specialistico di psicopatologia dell’adolescenza
Nel Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL di Bologna è presente anche una Unità Operativa a funzione Dipartimentale per i disturbi psicopatologici gravi ed urgenti in età evolutiva, con particolare riferimento all’adolescenza.
All’interno di questa struttura, sono principalmente due i problemi clinico-organizzativi che abbiamo cercato di affrontare con modelli innovativi:
– La risposta alle necessità di ricovero e/o trattamento intensivo degli adolescenti in situazione di crisi e/o con quadri acuti.
Anche la Relazione del Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza al Parlamento sulla Salute mentale (2017), evidenziando una carenza di servizi, invitava a pensare “luoghi di mezzo” flessibili e diversificati, potenziare le risorse dei servizi territoriali di neuropsichiatria infantile, le strutture diurne e residenziali e a ripensare i luoghi di cura.
– Il passaggio dei neomaggiorenni ai servizi per adulti che, secondo la letteratura internazionale comporta un distacco con interruzione delle cure, fino al 70% dei casi ed è considerato uno dei problemi di maggior rilievo per la salute mentale a livello mondiale (Singh et al. ,2010).
Le urgenze
Quale risposta quindi a queste situazioni di urgenza ?
Le Linee di indirizzo della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza prevedono diverse azioni: una consulenza qualificata nei Pronto Soccorso, criteri per il ricovero, possibilità di attivare interventi intensivi e strutture semiresidenziali e diurne che limitino il ricorso alla ospedalizzazione.
Poiché i quadri clinici, le età e le determinati sono sempre più variabili, oggi qualificare la risposta all’urgenza significa poter disporre di una gamma differente di soluzioni da poter adattare alle differenti situazioni.
Per questo è importante qualificare i ricoveri dei minori, suddividendo le fasce di età e pensando per i più piccoli (da 0 a 14 anni) il coinvolgimento delle diverse UO di Pediatria con un sostegno qualificato educativo ed una supervisione specialistica NPI che prevede una formazione del personale ed occasioni di discussione dei casi, non solo la prescrizione farmacologica.
Oggi a Bologna abbiamo a disposizione laboratori educativi diurni per gruppi di ragazzi, adattati ai diversi interessi, ed un Day Service con una forte integrazione fra clinici (medici-psicologi) ed educatori (Costa et al., 2013, Rigon, Chiodo, et al. 2004).
E’ stata inoltre pensata una RTI per i ricoveri volontari dei ragazzi più grandi, come potenziamento dell’attuale rete ed un ulteriore allargamento dei posti diurni semiresidenziali (magari anche con possibilità di apertura notturna in emergenza) in convenzione con il Terzo Settore ed il Servizio Sociale.
Il passaggio fra Servizi
In letteratura si afferma che il distacco dai Servizi di salute mentale è nella maggior parte dei casi il problema maggiore con adolescenti socialmente isolati ed il più grande rischio di interruzione del trattamento.
Studi eseguiti in Italia e nella nostra Regione confermano questo dato che anche il Garante Nazionale pone come una delle maggiori criticità.
A livello del DSM-DP di Bologna è stato avviato il Programma 14-25 con psicologi e medici specialisti NPI e Psichiatri delle tre aree del DSM-DP (Ser-DP, NPIA e CSM) che prevede:
1) Formazione comune al fine di costruire un linguaggio condiviso sulla diagnosi e l’intervento terapeutico (modelli diagnostici non sovrapponibili tra NPIA e CSM, necessità di condividere modalità di intervento ed approcci diagnostici).
2) Percorso di “passaggio qualificato” di utenti in vista del raggiungimento dei 18 anni con discussione approfondita del caso fra operatori, co-gestione con appuntamenti fissati già alcuni mesi prima della maggiore età, attivazione di risorse con budget di salute ad esempio per la continuità dell’intervento educativo, presa in carico integrata dei genitori, valutazione intervento IPS (Individual Placement Support, metodologia innovativa per l’inserimento lavorativo che va a sostituire i tirocini formativi puntando sulla responsabilizzazione dei ragazzi).
3) Assunzione di unità di “psicologo di transizione” per accompagnare i ragazzi e le loro famiglie nel passaggio con funzione di “case manager”, entrando in rete con tutte le agenzie coinvolte, accompagnando il cambiamento e offrendo interventi come gruppi terapeutici “a ponte”, gruppi di psicoeducazione per i familiari, gruppi per adolescenti e giovani adulti su bisogni specifici (mentalizzazione, DBT, psicoeducazione), colloqui individuali (sia per i giovani che per i loro familiari).
Conclusioni
La Neuropsichiatria nel campo della integrazione nella salute mentale fu precursore rispetto alla psichiatria adulti (la legge 517/77 chiuse le strutture speciali nel 1977, tre anni prima della legge 180), oggi siamo chiamati ad essere pionieri sui temi dell’integrazione dei giovani.
Pionieri significa non aver paura dell’ignoto, ma voler affrontare la fatica ed il rischio di aprire nuove piste, di vedere nuove potenzialità (lettura anche positiva dei giovani e restituzione senso di efficacia e positività), voler lavorare in gruppo, accettare di muoversi in campi non noti, sperimentali.
Quaranta anni fa la rivoluzione della 180 fu realizzata grazie ad un forte appoggio politico, una netta convinzione, un consenso diffuso … anche oggi è necessario un coinvolgimento sociale-politico importante, come fu allora, che si concretizzi attraverso finanziamenti a sostegno dei progetti, la creazione di spazi dedicati ai ragazzi, sia per la cura, sia per le opportunità di incontro, svago, socializzazione, formazione.
BIBLIOGRAFIA
Bertacchi I., Giuli C., Muratori P., (2016) Coping Power nella scuola primaria. Gestire i comportamenti problematici e promuovere le abilità relazionali in classe. Ed. Erikson,
Costa S., et al., (2013) L’intervento psicoterapico nelle situazioni di urgenza in adolescenza: aspetti tecnici ed organizzativi, Psichiatria Infanzia e Adolescenza, , Vol.80: 679-692
Costa S, Farruggia R, Guccione F. (2018) Linee di indirizzo per l’emergenza-urgenza psichiatrica in età evolutiva, Giornale di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva;38:57-72
Levi G., Romani M., Roello M., (2007) Psicopatologia dello Sviluppo e Neuropsicologia: polarizzazione delle sindromi e costellazioni di personalità, Gior Neuropsich Età Evol. ;27:110-121
Relazione al Parlamento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza 2017,
Rigon G., Belmonte S., Costa S., Chiodo S., (2006) Quali percorsi diagnostico-terapeutici per i bambini con disturbo dell’attività e dell’attenzione in un servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza? Riflessioni e proposte, Psich. Inf. Adol., vol. 73: 227-237.
Rigon G., Chiodo S., Mancaruso A., Poggioli D.G., Costa S., (2004) Day care treatment in psychiatry of developmental age: Analysis of therapeutic factors, Abstract 16th World Congresso f the IACAPAP, Berlin, P-00-016, p.260.
Singh, S.P., Paul, M., Ford, T., Kramer, T., Weaver, T., McLaren, S. et al. (2010) Process, outcome and experience of transition from child to adult mental healthcare: Multiperspective study, British Journal of Psychiatry, 197: 305-312
Swannell, S.V., Martin, G.E., Page, A., Hasking, P. and St John, N.J. (2014), Prevalence of Nonsuicidal Self-Injury in Nonclinical Samples: Systematic Review, Meta-Analysis and Meta-Regression, Suicide Life Threat Behav, 44: 273-303.
*Simona Chiodo, Neuropsichiatra Infantile, Direttore UOC NPIA Attività Territoriale, DSM-DP Ausl Bologna
*Stefano Costa, Neuropsichiatra Infantile, Responsabile UOSD Psichiatria e Psicoterapia Età Evolutiva DSM-DP Ausl Bologna