I bambini alle prese con il covid

Paolo Chiappero

Le favole non dicono ai bambini
che i draghi esistono.
Perché i bambini lo sanno già.
Le favole dicono ai bambini
che i draghi possono essere sconfitti.
G. K. Chesterton

“Se questo coronavirus entra in casa mia, siamo in tanti a combatterlo e vinciamo noi….siamo in cinque, c’è anche mia nonna che è venuta a stare con noi”.

Ecco un’altra frase, si tratta di un bambino di sei anni, che possiamo aggiungere a quelle che seguono.

Le frasi sono state per la maggior parte raccolte direttamente, raccontatemi da altri (adulti), in un paio di casi ascoltate casualmente e in un altro paio lette su un settimanale in un articolo sul Covid-19 e “rubate” dal sottoscritto.

I minori rientrano in una fascia d’età che va dai cinque agli undici anni, con leggera prevalenza del sesso maschile e con la presenza anche di alcuni bambini e bambine che seguo in psicoterapia.

Le parole dei piccoli “intervistati” (in realtà la maggior parte delle loro esternazioni è spontanea), rivelano ansie, speranze, e in generale una vasta gamma di emozioni e di cognizioni.

Il virus viene irriso (il “cacca virus”), come si fa con i nemici per ostentare sicurezza che nei bambini si trasforma facilmente in senso di onnipotenza e nel noto meccanismo di difesa di “identificazione con l’aggressore”.

Il virus solleva anche vari interrogativi, in parte venati dalla paura (“chissà se fuori è tutto come prima?”). E poi ci sono le preoccupazioni per i propri familiari: zie, nonni e la mamma che potrebbe essere a rischio perché usa una marca di caffè che ha un nome simile al virus. I timori per i propri cari sono intrisi di affetto (alla nonna si vuole bene lo stesso, anche se ha il virus).

In molti casi il bambino produce vere e proprie teorie sul virus, per cercare di padroneggiarlo ed assumere un ruolo attivo, cioè una risposta “sana”, costituita da pensieri e parole per padroneggiare l’inevitabile ansia.

Anche i videogiochi, possono essere una risorsa, un celebre gioco “sparatutto” potrebbe essere utile anche per uccidere il Covid (o no?).

E infine c’è chi, con umorismo inconsapevole, tratteggia dei nuovi rapporti familiari che, al di là dei singoli esempi (tra cui la Nutella che scarseggia perché si è in troppi a mangiarla), fa riflettere sull’esperienza fatta dai minori durante il lockdown anche dal punto di vista di una maggior presenza fisica degli adulti di famiglia, di diverse dinamiche familiari (esperite sia positivamente sia negativamente) e quindi di una solitudine condivisa. Siamo soli ma insieme, nelle nostre case. Questo ci dicono i bambini. E quello che fa la differenza è la qualità dei rapporti contrassegnati da una convivenza in buona parte forzata.

E’ una forma du reclusione molto atipica, anche perché in parte edulcorata dai nuovi mezzi tecnologici a disposizione: la video chiamata ai nonni o ai compagni, i giochi elettronici online, che in questo caso sono gli stessi che il bambino faceva prima del lockdown e rappresentano continuità, dopo tante discontinuità.

E poi la scuola. Al di là delle esperienze didattiche ed educative molto eterogenee che si sono svolte in scuole di ogni ordine e grado ed in classi diverse, si è trattato comunque di un’ennesima modalità per mantenere un filo comunicativo ed affettivo con compagni e insegnanti. Anche se purtroppo non tutti sul nostro territorio nazionale, hanno potuto usufruire degli stessi mezzi informatici ed elettronici, per questioni culturali e di ceto sociale.

Parafrasando Tolstoj, possiamo dire che i casi “infelici” di lockdown sono stati ognuno diverso dall’altro.


Non si chiama coronavirus, non ne ha corona…è brutto…si chiama cacca virus.

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Questo virus è come una lastra di vetro che non ci fa toccare. Io ad esempio ti vedo, ma non posso toccarti.

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Mia nonna dice che non la posso vedere perché possiamo prenderci il virus. Ma io le ho detto che le voglio bene lo stesso, anche se ha il virus.

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Dottore, a me piaceva più andare a scuola, perché anche se la maestra Simonetta mi sgridava vedevo i miei compagni e compravo la focaccia nella latteria. Ora sono sempre a casa e mia sorella rompe…le ho detto che se rompe le viene il virus…ma non è vero…solo per farle paura. Non voglio che mia sorella stia male.

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In casa c’è confusione. Non si capisce niente. Prima eravamo solo io e la mamma, ora papà è sempre in casa e anche mio fratello che è grande. Con la mamma ogni pomeriggio mangiavamo la Nutella e bevevamo aranciata ora non ce n’è abbastanza per tutti! Mio fratello me lo dice sempre: “Non credere che con la scusa del virus ti mangi tutta questa cioccolata” e me la toglie da sotto il naso.

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Subito ero contento che non si andasse a scuola, così potevo dormire di più. Ma poi ho capito che mentre stiamo in casa questo virus cresce e cresce…lo fanno vedere anche alla televisione. Diventa sempre più grande e quindi non si può più uscire. Se vai a scuola, ad esempio, nel viaggio potresti incontrarlo.

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Si chiama Covid come il caffè che prende la mamma. Ma mi ha detto che non è lo stesso. Il caffè non fa morire.

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Mio nonno è stato all’ospedale per questa malattia. Anche se è vecchio sta meglio ora. Ma non l’ho ancora visto. Forse non deve farsi vedere dal virus se no lo prende di nuovo.

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Io non ho paura di questa malattia. Il cronovirus (sic) è debole. Infatti, sta nascosto.

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Una volta avevo un gioco alla Play dove ci si prendeva delle malattie se si entrava in una grotta con un tesoro. Allora c’era già questo virus! Cioè prima l’hanno fatto finto e poi è venuto davvero.

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I miei genitori dicono che presto andrà via questa malattia. Speriamo perché in casa siamo in cinque e fa caldo a stare tutti attaccati.

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E’ tanto che non esco di casa. Chissà se fuori è tutto come prima o è cambiato qualcosa? Come faccio a saperlo?

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Mia zia Angela ha la febbre. L’ho sentito dire dalla mamma ieri sera. Io non ce l’ho la febbre, ma mi dispiace per lei anche perché doveva portarmi i panzerotti e se ha la febbre non può uscire. La mamma dice che me li comprerà al supermercato, ma non sono buoni come quelli della zia. Quanti guai combina questo virus! E’ proprio dispettoso.

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Sai dottore che questa mascherina me l’ha fatta la nonna? A me azzurra e a mia sorella Anna di colore rosa. Papà invece l’ha voluta nera, perché dice che va tutto male. Si vede che quando va male è tutto nero. Ma a me piace azzurra.

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Sono triste perché mia zia è all’ospedale e ieri lo zio piangeva per questo. Non vogliono dirmelo ma so che è il virus. Se stai male è per forza il virus no? O ce ne sono altri?

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Matteo mi chiama sempre per giocare a Fortnite ma io a volte non ne ho voglia perché preferisco FIFA. Allora gli ho detto: “Facciamo un po’ uno e un po’ l’altro”, ma lui non è d’accordo perché pensa che con Fortnite noi combattiamo il virus e quindi ci conviene giocare a quello. Ci devo pensare.

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Il Covid è cattivo, brutto e pericoloso…anzi sai che ti dico? E’ una schifezza!

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Una compagna di scuola di mia sorella grande dice che il virus l’hanno inventato perché così abbiamo paura per qualcosa.

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Papà dice che al telegiornale hanno fatto vedere dove fanno il virus. Ma lui ha detto che sapeva già tutto. Non so certe cose come le sa.

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Romina e Marta sono andate a trovare i nonni. Hanno detto che adesso si può. Io i nonni li ho distanti. Stanno in campagna e non si può andare fino a lì. Però in campagna stanno bene e non si ammalano.

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La notte prima di addormentarmi penso che domani non ci sarà più questa malattia. E prego per questo. Anche il virus morirà prima o poi.

Paolo Chiappero : Psicologo-Psicoterapeuta , Genova