di Mauro Carosio
Maggio 2023, ormai quasi tutto il mondo ha riaperto le porte al turismo dopo tre anni di chiusure e pratiche anti-covid. Si torna a viaggiare, le agenzie turistiche, quelle sopravvissute alla pandemia, riprendono l’attività e i “viaggiatori sospesi”, passaporti alla mano, si rimettono in fila per raggiungere le mete più svariate. Mi trovo a Chau Doc, ai confini tra Vietnam e Cambogia, sono in attesa di uno speed boat che mi porterà a Phnom Penh lungo il fiume Mekong.
Anche io faccio parte di coloro che hanno tirato un sospiro di sollievo dopo il “via libera”. In questo luogo sperduto e lontano mi guardo intorno in attesa di mostrare i documenti alla dogana e avviare le pratiche per attraversare il confine. Il caldo è insopportabile e non c’è molto da fare se non osservare la folla, non troppa, che aspetta il proprio turno ingannando l’attesa tra improbabili negozi di souvenir e banchetti per cambiare la valuta.
Sono circondato da persone che hanno ripreso a muoversi all’interno del circuito globalizzato che ti permette di raggiungere qualsiasi luogo facilmente. Siamo tutti turisti scarcerati che stanno alacremente recuperando il tempo perduto. In mezzo a tanta omologazione, il “turista globalizzato” ha inevitabilmente un che di riconoscibile, spicca un gruppetto di giovani che si distingue. Quattro occidentali, tre ragazzi e una ragazza, in … bicicletta! Ovviamente la mia attenzione si focalizza sul quartetto anomalo e inizio a farmi le domande più diverse. Chi sono? Da dove arrivano e dove vanno in bicicletta? Bene ho trovato qualcosa di interessante da fare per ingannare l’attesa. Mi avvicino, ci conosciamo e decidiamo di restare in contatto. La loro storia è interessante e vale la pena di raccontarla. Forse il post-pandemia ci lascia qualcosa di buono? Forse quattro giovani che decidono di fare il giro del mondo in bicicletta dopo tre anni di stop ai viaggi sono, anche, un esito del periodo di clausura forzata? Questo è quanto mi hanno raccontato nel corso di una recente intervista.
William (25 anni), Petronille (27), Hugo (26), Cesar (25) sono francesi e hanno deciso di fare un viaggio in bicicletta dalla Nuova Zelanda alla Francia. L’obiettivo del viaggio è quello di aiutare le persone ad avere un miglior accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari e allo stesso tempo sensibilizzare sull’importanza dell’acqua oggi e in futuro. Questo è il motivo per cui il progetto si chiama CycleForWater.
D. State compiendo un’impresa straordinaria, potete spiegare ai lettori italiani in cosa consiste il progetto Cycle For Water?
R. Cycle For Water è una “spedizione umanitaria” intorno al mondo in bicicletta. Abbiamo iniziato in Nuova Zelanda (sono volati da Parigi ad Auckland, n.d.a.) e il nostro obiettivo è raggiungere la Francia. Ora siamo in Uzbekistan. Tutto il nostro viaggio ha un tema: l’acqua. Stiamo supportando progetti che riguardano l’acqua nei paesi che attraversiamo in collaborazione con le organizzazioni locali. Teniamo inoltre conferenze nelle scuole e nelle università per sensibilizzare sul tema. Abbiamo attraversato molti paesi e supportato molte iniziative, ve ne raccontiamo qualcuna. In Indonesia ci siamo concentrati sul tema della riforestazione con l’ONG Coeur De Foret. Gli alberi sono essenziali per preservare il ciclo dell’acqua permettendo all’acqua piovana di ricaricare le risorse sotterranee attraverso le radici. In Malesia abbiamo lavorato con l’organizzazione Global Peace Foundation per portare servizi igienici e dispositivi per provvedere all’igiene personale alle minoranze oppresse delle popolazioni Orang Asli (un insieme di gruppi etnici locali aborigeni fortemente legati alle tradizioni ancestrali e non in linea con le proposte della globalizzazione, n.d.a.). In Cambogia abbiamo costruito filtri per sanificare l’acqua in una scuola primaria, è stato bellissimo vivere con i bambini della scuola durante la settimana dei lavori insieme all’ONG Clear Cambodia. Ancora in Tailandia e in India abbiamo contribuito a portare acqua potabile in villaggi remoti e scuole sempre in collaborazione con organizzazioni locali. Ora continuiamo!
D. Chi o cosa vi sta dando il supporto più grande?
R. Assolutamente l’energia positiva della gente che incontriamo. Quello che stiamo dicendo può sembrare un cliché, ma abbiamo incontrato e collaborato con così tante persone che possiamo dirlo con certezza. Siamo come spugne che assorbono l’energia del mondo che ci circonda. Abbiamo ricevuto ispirazioni e idee osservando le pratiche quotidiane di popolazioni appartenenti ad altre culture. Cambiare ciò che pensiamo o che diciamo, evolversi è davvero la chiave per restare motivati. In ogni caso noi siamo il nostro miglior supporto. Scavando in profondità con noi stessi riusciamo a comprenderci sempre meglio e a capire veramente chi siamo. Noi crediamo che esperienze stimolanti come un giro del mondo in bicicletta richiedano riflessioni su se stessi per procedere. Ѐ una questione di sopravvivenza ed è necessario capire che in situazioni difficili noi siamo il nostro sostegno più grande.
D. Quanto è stato importante il periodo post-pandemia per voi e per il vostro progetto?
Naturalmente il periodo ha avuto i suoi effetti. Prima di tutto abbiamo dovuto cambiare itinerari più volte. Ma la cosa più interessante è stata una conseguenza positiva: la gente, lungo la nostra strada, era felice di incontrare stranieri! In Asia il turismo era finito col Covid e nei posti più remoti ha faticato parecchio a riprendere. Quindi pensiamo che il periodo in questione è stato anche un’opportunità in più per noi perché si è creato un contesto in cui siamo stati in qualche modo “più benvenuti” quasi ovunque.
D. Avete viaggiato appunto in paesi da poco riaperti al turismo. Come avete trovato il mondo dopo la pandemia?
R. Poco cambiato nei fatti. I consumi e l’inquinamento sono sempre gli stessi e la loro riduzione, favorita dal Covid, è stata un’illusione. Ѐ molto triste per noi attraversare splendidi paesaggi completamente devastati dalla plastica e da acque inquinate. Purtroppo anche la xenofobia nei confronti di alcune minoranze è rimasta la stessa, ovviamente alimentata, come sempre, da problemi economici e politici. Su questi aspetti purtroppo non possiamo dire che il mondo è migliore dopo il Covid.
D. Qual è la domanda che non vi ho fatto alla quale vorreste rispondere?
R. Vorremmo spendere due parole sull’importanza dell’accesso all’acqua. Noi in Occidente abbiamo dimenticato il problema. Una grande parte dell’umanità ha problemi con la scarsità di acqua e la mancanza dei servizi igienico sanitari. Non ci rendiamo conto di quali e quanti disagi crea tutto ciò. Un esempio semplice quanto calzante riguarda la questione di genere. In alcune aree remote del mondo è la donna che si occupa di recuperare acqua non contaminata per la casa attraverso varie modalità. Questo lavoro spesso occupa più giorni alla settimana durante i quali le donne non possono fare altro. Questo ricade sull’educazione della prole che spesso non frequenta la scuola per aiutare la madre. L’acqua è collegata alla stragrande maggioranza delle sfide che dovremo affrontare in futuro. È assolutamente essenziale capire meglio la nostra relazione col ciclo dell’acqua ai fini di preservarlo.
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