Buonsenso e paranoia nel linguaggio delle nuvole parlanti.

di Giovanni Bruzzo *

GULP! SPLASH! BANG! Fumettintivvù fumettintivvù ù ù ù… Così gracchiava dalla CGE in bianco e nero, la sigla di un (in quegli anni) raro programma televisivo su fumetti e cartoni animati in tempi in cui il mondo sembrava tutto ancora intero. Non perché lo fosse davvero, ma perché per me e per i miei pantaloncini corti, lo era.

Era tutto intero nella sostanza. La formanon sapevo nemmeno che esistesse.

Dalla radio di mia mamma i Vianella cantavano: “siamo i watussi, siamo i watussi, gli altissimi negri. Nei fumetti che leggevo, gli schiavi o gli ex schiavi provenienti dall’Africa, venivano definiti facce di carbone o roba del genere, i cinesi ometti color zafferano e naturalmente i nativi americani, se nella sceneggiatura facevano parte dei “buoni” erano fratelli rossi, ma se facevano parte dei “cattivi” diventavano musi rossi.

Un ricordo sicuramente più recente è quello di un lungo saggio radiofonico di Piergiorgio Odifreddi che titolava “Vite da logico”, in cui il matematico teorizzava sull’impatto che il linguaggio e la sua analisi logica hanno avuto nell’affermazione di alcuni popoli su altri, dagli albori della storia moderna fino ad oggi. L’alba del linguaggio è stata simile ed allo stesso tempo differente tra un popolo ed un altro. Ad esempio, il greco antico, aveva una prevalenza di verbi ed anche avverbi e sostantivi derivavano prevalentemente da verbi cosicché il mondo veniva a configurarsi per lo più attraverso eventi piuttosto che attraverso cose. Nell’eterno conflitto tra filosofia analitica e filosofia continentale, probabilmente la difficoltà a capirsi potrebbe trovare un senso proprio nella diametralmente opposta conformazione linguistica. La prima, basata sulla lingua inglese e l’altra basata sul greco antico. La prima, con una visione del mondo attraverso cose e la seconda attraverso eventi. Considerando ciò, in un’analisi logica delle lingue moderne in cui soggetto/verbo/oggetto trova la sua applicazione più usuale, si può teorizzare che ciò abbia dato forza al concetto materiale e di conseguenza al senso di possesso, determinando un maggiore bisogno di sopraffare per possedere. Addirittura, alcuni linguaggi dell’America latina e dell’America del nord, avevano un’impostazione più spirituale, contemplativa e puntavano maggiormente sull’importanza dell’aggettivo piuttosto che sul soggetto/oggetto. Ciò, potrebbe essere stata parte determinante nella scomparsa di alcuni popoli e dei loro linguaggi, fino all’affermazione del popolo e della classe dominante ai giorni nostri.

Anche se la teoria è affascinante, non so quanto sia realistica in base al fatto che dai primi anni ’30 statunitensi, quando una parte della sinistra cominciò ad interrogarsi sulla necessità di un linguaggio che fosse scevro dall’offesa verso altre persone e rispettoso di ogni diversità, ad oggi, la diffusione del cosiddetto “politically correct” ha subito tali e tante storpiature ed errate interpretazioni, anche a causa di traduzioni fuorvianti ma soprattutto, a mio modo di vedere, a causa del benpensantismo imperante e della volontà sistematica e sistemica di mascherare determinate scelte politiche o sociali dietro ad una diversa definizione linguistica considerata più politicamente corretta. Con ciò, ci troviamo davanti ad una forma cambiata, che però ha dato alla sostanza, la possibilità di incattivirsi ancor più rispetto ai temi che la forma avrebbe dovuto migliorare.

Ho iniziato questo articolo con onomatopee classiche per il mondo del fumetto, perché anche questa forma espressiva che tanto amo è, oltre che una grande passione coltivata fin dalla prima infanzia, anche il mio lavoro da più di 40 anni, ed anche questo mondo ha subito l’influsso o la scure del “politicamente corretto”.

Ho provato un profondo fastidio quando giunse dal Codacons una denuncia ai danni dell’editore di TEX, reo di aver lasciato che venisse pubblicata una vignetta in cui il famoso ranger e capo della tribù dei Navajos, si accendeva una sigaretta dicendo che ciò lo avrebbe aiutato a rilassarsi e di conseguenza a pensare più lucidamente. In questo caso sarei stato assolutamente d’accordo con la denuncia se TEX avesse detto che il fumo fa bene e che lo mantiene eternamente giovane, perché sarebbe stata semplicemente una menzogna. Invece TEX si è limitato a dire che la sigaretta lo aiuta a rilassarsi, cosa per altro assolutamente vera. Non ha istigato i nostri giovani a fumare come viceversa denunciava il Codacons, dicendo che è necessario proteggerli da “certi messaggi”. È stata una storpiatura del “politicamente corretto”.

Altra differente, ma altrettanto folle denuncia, fu quella che si lanciava contro il film Disney “Biancaneve e i 7 nani”, in cui si asseriva che il bacio del principe alla povera Biancaneve, fosse avvenuto con la mancanza del previo consenso. Pazzia!

Poi fu il turno del settimanale più amato dagli italiani, Topolino. Di colpo sparirono dalle mani del commissario Basettoni, l’ispettore Manetta, Topolino stesso e tutti i personaggi presenti, qualsiasi tipo di arma da fuoco. Bisognava proteggere i giovani lettori. Chissà, magari avrebbero potuto uccidersi con pistole ad acqua o a tappi…

Un caro amico e collega che ricopre una carica editoriale importante per un popolare fumetto, in una recente telefonata, mi ha raccontato delle enormi difficoltà che giungono proprio da direttive imposte dall’alto, riguardanti il tema del “politicamente corretto”. Intere storie vengono riviste ed in parte ridisegnate perché al loro interno, con uno sforzo mentale di certosina paranoia, qualcuno ha supposto che potrebbe contenere immagini o frasi giudicate offensive per qualcun altro.

Naturalmente, queste sono solo alcune delle centinaia di paranoiche limitazioni imposte agli autori di fumetti…

Per contro però, nel vasto panorama di testate ed edizioni a fumetti, grazie al politically correct, sono sbocciate una miriade di serie impensabili fino a qualche decennio addietro. Fino a pochi giorni fa credevo che nessuno si scandalizzasse se l’eroico figaccione di turno si accompagna regolarmente ad un altro uomo o se la talaltra eroina sia teneramente fidanzata con una prosperosa amazzone magari afroamericana… Poi è arrivata l’uscita da premio Nobel per la stupidità di un esponente “politico” della destra che non riesce ad accettare che i nostri figli guardino un cartone animato come Peppa Pig denunciando il fatto che una compagna di scuola della famosa Peppa ha due mamme invece che una mamma ed un papà. Bisognerebbe proteggere i bambini da tale e tanta idiozia. O forse è politicamente scorretto dire “stupidità”, “idiozia”. Più corretto sarebbe dire paura. Censure ed epurazioni, scaturiscono dalla grande paura che determinati elementi possano deviare la linea moralistica; cioè del volere a tutti i costi imporre la propria morale al prossimo.

Credo che nel campo in cui opero, così come in altri campi, il benpensantismo isterico, sia in grado di creare danni difficilmente riparabili e brutture culturali che possono dissociare la “linea guida” dalla vita reale, dall’istinto e dall’“io” di alcuni. Là dove il politicamente corretto è stato un grande valore aggiunto grazie all’uscita nelle edicole di sopra menzionati fumetti in cui gli eroi o antieroi, le eroine o le antieroine sono multirazziali e l’omosessualità è raffigurata come una normale fetta della vita della comunità umana, la società ha fatto un notevole progresso in avanti.

Laddove invece il politicamente corretto è stato utilizzato solo sostituendo la definizione linguistica senza cambiare nulla nella sostanza, credo che la società abbia fatto un notevole passo indietro. Ad esempio, la parola “nigger” che in inglese ha senso dispregiativo e che in italiano sarebbe stato corretto tradurre come “negraccio”, è stata abbinata alla parola “negro”. Cosa del tutto sbagliata. La parola negro vuol dire nero in lingua ispanica. Un po’ come dire biondo o moro, ma non ha nulla di dispregiativo o irrispettoso nei confronti del popolo di origine africana. Comunque, a me pare che oggi, nonostante la parola negro abbia lasciato il posto al termine colored o afroamericano, il razzismo sia drammaticamente ed esponenzialmente aumentato anche in modo sproporzionato rispetto alla paura scaturita dall’immigrazione.

Credo che nel processo mentale, esista un bivio, una biforcazione che divide il “politicamente corretto” che mantiene tutte le virtù della sua genesi, dalla storpiatura o dalla forzatura dello stesso: il buonsenso e la paranoia.

Rivoglio i sordi, i ciechi, i pazienti, i negri, i gialli in cambio di una maggiore sostanza nella sensibilità, nella cura, nella sanità pubblica. Mi son rotto di sentire parole come imprenditore. Rivoglio i padroni! Mi son rotto dei non abbienti. Rivoglio i poveri e i proletari!

Rivoglio le pistole nelle mani del commissario Basettoni, di Manetta, Topolino. Vorrei che i bambini imparassero a vivere in questa società e ad affrontare anche le brutture che essa contiene attraverso il gioco, la lettura e l’istinto. Che possano arrivare a sviluppare le proprie propensioni lavorative, sessuali e genericamente umane, senza i fuorvianti filtri moralistici che oggi attentano alle loro vite.

Ci sono però cose che non sembrano aver subito questo paranoico influsso trasformistico: le onomatopee. GULP! SPLASH! BANG!… Anche se i fumettintivvù sono ormai troppi, alcuni troppo brutti ed altri troppo politically correct.

* Giovanni Bruzzo è un fumettista genovese.