di Ilaria Trainito *
Il passaggio dal lavoro alla pensione rappresenta una delle transizioni più delicate e significative nell’arco della vita adulta. Non è soltanto la conclusione di una carriera professionale, ma l’avvio di un nuovo capitolo, caratterizzato da trasformazioni che toccano la sfera economica, psicologica e sociale. Adottando la definizione di Feldman (1994), il pensionamento può essere descritto come: <<L’uscita da una posizione organizzativa o da un percorso di carriera di durata considerevole, da parte di un individuo d’età avanzata con l’intenzione di ridurre conseguentemente il coinvolgimento psicologico legato al lavoro>>. Questa definizione coglie bene la natura ambivalente dell’evento: se da un lato è un fenomeno pragmatico, specificamente legato a fattori economici e organizzativi, dall’altro attiva processi complessi di adattamento e di ridefinizione identitaria, che possono avere un impatto sul benessere individuale e familiare. Possiamo immaginarlo come una dinamica impregnata di una forte dimensione psicologica, fitta di motivazioni, aspettative e nuovi equilibri da perseguire.
Un tema sempre più attuale: longevità e impatto sociale
All’interno di un panorama demografico permeato dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento dell’aspettativa di vita, relativo alla maggior parte dei Paesi industrializzati, l’interesse nei confronti della tematica sopra accennata risulta diffondersi a livello politico e sociale, considerando le significative implicazioni che gli esiti della transizione lavoro-pensionamento possono avere sul benessere biopsicosociale degli individui e, conseguentemente, anche sulla spesa pubblica. Ciò implica che le modalità con cui la transizione lavoro-pensionamento viene affrontata influiscono non solo sul benessere personale, ma anche su quello collettivo, in termini di salute pubblica e di sostenibilità sociale. Per questa ragione il dibattito scientifico, politico e culturale si concentra sempre più su come accompagnare le persone in questa fase, prevenendo il rischio di isolamento e promuovendo invece opportunità di crescita e di realizzazione personale.
Differenze individuali e traiettorie di adattamento
Quali meccanismi psicologici si attivano durante il pensionamento? Quali sono le traiettorie migliori, le buone prassi da promuovere per supportare questa delicata fase di vita?
Impossibile formulare una risposta univoca, una “ricetta” valida per la maggior parte dei pensionandi: non si può prescindere da cruciali differenze intra ed interindividuali in grado di rendere estremamente eterogenei i processi di transizione lavoro-pensionamento. Si può però avviare una riflessione critica che aiuti a mappare le principali caratteristiche del fenomeno, privilegiando un ragionamento finalizzato alla promozione di un’elevata qualità della vita.
La lezione della ricerca scientifica: tra rischi, stabilità e opportunità
La letteratura scientifica ha prodotto negli anni risultati molto diversificati. Alcuni studi hanno evidenziato conseguenze negative del pensionamento: peggioramento della salute fisica, minore soddisfazione di vita, incremento dei sintomi depressivi e riduzione dei livelli di attività (Atchley & Robinson, 1982; Kim & Moen, 2002; Richardson & Kilty, 1991; Ross & Drentea, 1998). Altri lavori, al contrario, hanno documentato effetti positivi, sottolineando la diminuzione dello stress, l’aumento della soddisfazione di vita e, in alcuni casi, persino un miglioramento della salute percepita (Calasanti, 1996; Ekerdt, Bosse & LoCastro, 1983; Midanik, Soghikian, Ransom & Tekawa, 1995). Esistono infine ricerche che hanno rilevato una sostanziale stabilità del benessere psicologico, suggerendo che non sempre il pensionamento segna un punto di svolta radicale (Gall, Evans & Howard, 1997; Stull, 1988). Questo quadro frammentato conferma che il pensionamento non può essere considerato un evento universalmente prevedibile nei suoi esiti, bensì un processo influenzato da molteplici variabili.
Il benessere psicologico percepito, spesso utilizzato come indicatore di adattamento agli eventi di vita (Lucas, 2007), diventa dunque una lente privilegiata per osservare come i pensionati e le pensionate affrontano questo cambiamento. Le differenze individuali – in termini di personalità, storia di vita, condizioni sociali ed economiche – assumono un peso determinante nel plasmare le traiettorie di adattamento.
Significato del lavoro e teorie classiche del pensionamento
Per comprendere appieno il pensionamento, è fondamentale soffermarsi sul significato che il lavoro ricopre nell’arco della vita. Non si tratta solo di un mezzo per ottenere un reddito, ma di una dimensione che struttura il tempo quotidiano, favorisce relazioni, fornisce un’identità e un riconoscimento sociale e rinforza la possibilità di svolgere altre attività nel tempo libero (Sarchielli, 2008), scandendo di fatto ritmi e sfere di vita coesistenti. Neff (1968) sottolinea come il lavoro vada inteso anche come goal directed action, ossia un’attività finalizzata che conferisce direzione e coerenza all’esistenza (mantenendo la continuità della specie). Non sorprende quindi che la sua cessazione costituisca un cosiddetto “evento critico normativo” (Carter & McGoldrick, 1980), capace di sollecitare un’importante mobilitazione delle risorse personali e familiari (Scabini & Cigoli, 2012).
Nel corso dei decenni, diverse prospettive teoriche hanno tentato di interpretare il significato del pensionamento. La teoria del disimpegno (Cumming & Henry, 1961) lo ha descritto come un progressivo distacco dagli impegni sociali, mentre la teoria dell’attività (Havighurst & Albrecht, 1953) ha messo in luce i benefici derivanti dal mantenere un alto livello di coinvolgimento in attività terze. Successivamente, la teoria della continuità (Atchley, 1971; 1989) ha proposto una visione più equilibrata, suggerendo che gli individui tendono a mantenere, almeno in parte, ruoli, abitudini e identità maturate nel periodo lavorativo. Tutti questi modelli hanno fornito contributi preziosi, ma anche mostrato limiti: spesso hanno cercato di descrivere percorsi universali, trascurando la complessità e la variabilità delle esperienze individuali.
La prospettiva dinamica delle risorse: un modello integrato
Entra qui in gioco un concetto fondamentale, quello di risorse. Con questo termine si intende qualsiasi capacità, strumento o mezzo che consenta di fronteggiare necessità o sia in grado di fornire aiuto, appoggio, sostegno, specialmente in situazioni di difficoltà. Si tratta di dotazioni, la cui costruzione può avvenire progressivamente nel corso della vita, in grado di supportare l’individuo durante uno stato di bisogno ed eventualmente dopo aver subito gli esiti di una condizione stressogena.
Negli ultimi anni, la Dynamic resource perspective on retirement (Wang, 2007; Wang, Henkens & van Solinge, 2011) ha offerto una chiave di lettura innovativa, sottolineando come l’adattamento al pensionamento sia un processo dinamico, influenzato dalla disponibilità e dalla trasformazione delle risorse stesse. Queste includono aspetti fisici, cognitivi, motivazionali e finanziari, tutti soggetti a variazioni nel tempo. Un elemento centrale è il concetto di interdipendenza: ciò che accade in una sfera della vita – ad esempio quella coniugale – può influenzare la qualità dell’adattamento in un’altra, come quella lavorativa o post-lavorativa.
Tra i fattori che incidono maggiormente sul benessere durante la transizione lavoro-pensionamento rientrano lo stato di salute, le strategie di coping, il supporto sociale e la resilienza psicologica, che comprende componenti come il sense of mastery e l’autostima (Pinquart & Schindler, 2007; Kubicek et al., 2001; van Solinge & Henkens, 2005; 2008). Beehr & McGrath (1996) distinguono tre modalità di coping: proattivo, concomitante e successivo all’evento stressante. Questa distinzione è utile perché mostra come alcune strategie – ad esempio la riduzione graduale dell’orario di lavoro prima del ritiro, oppure l’avvio di attività sociali e di volontariato – possano facilitare la transizione e ridurre l’impatto emotivo del pensionamento.
Un capitale per il futuro: tra esperienze di vita e supporto organizzativo
Un’attenzione crescente è rivolta anche al ruolo delle esperienze di vita accumulate. La letteratura recente (Damman, Henkens & Kalmijn, 2015) evidenzia come la percezione del pensionamento sia influenzata non soltanto dalle condizioni immediate, ma anche dalle competenze, dagli interessi e dalle reti sociali coltivate in precedenza. In questo contesto si inserisce il concetto di riserva cognitiva: le attività intellettuali e sociali svolte durante l’età adulta sembrano rafforzare la capacità di affrontare situazioni complesse in età avanzata (Nucci et al., 2012). La qualità del tempo investito in attività significative lungo l’intero arco di vita può dunque costituire un fattore protettivo, facilitando un adattamento più sereno al pensionamento.
Il pensionamento, lungi dall’essere un semplice momento di interruzione, appare come un processo articolato, in cui rischi e opportunità si intrecciano. Le differenze individuali e contestuali rendono difficile ogni generalizzazione, ma ciò che emerge con chiarezza è l’importanza di riconoscere e valorizzare le risorse personali, relazionali e ambientali. Promuovere strategie di adattamento efficaci, incentivare attività di impegno sociale e favorire un approccio proattivo al cambiamento sono azioni che possono trasformare questa fase da potenziale fonte di vulnerabilità a momento di crescita. In questo senso, il pensionamento non è soltanto un punto di arrivo, ma una nuova opportunità di espressione e realizzazione personale.
Ad una prospettiva individuale, che sembra in qualche modo responsabilizzare direttamente la persona rispetto al “destino” della traiettoria di cambiamento, si affianca il ruolo delle Organizzazioni, chiamate sempre più ad occuparsi della salute psicofisica del proprio Personale e a facilitare il processo di transizione. Le Istituzioni e le Aziende possono, infatti, impegnarsi per facilitare molto precocemente la conciliazione vita privata-vita lavorativa (predisponendo così gli opportuni spazi per praticare sport e per coltivare interessi, hobby, legami e reti sociali al di fuori del perimetro lavorativo), nonché promuovere interventi e programmi mirati a sostenere il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori che si avvicinano alla pensione. In tal senso, iniziative strutturate come il reverse mentoring – in cui i lavoratori più giovani condividono competenze digitali o innovative con i colleghi senior, e questi ultimi offrono in cambio il patrimonio di esperienza accumulato negli anni, scambiandosi anche valori, atteggiamenti e propensioni – rappresentano un esempio virtuoso di scambio intergenerazionale. Queste pratiche non solo valorizzano il contributo di ogni pensionando, favorendo un sentimento di compiutezza e di realizzazione, ma rafforzano la continuità organizzativa e il senso di appartenenza.
In definitiva, affrontare il pensionamento come processo condiviso, che coinvolge tanto l’individuo quanto il contesto organizzativo, consente di trasformare una fase potenzialmente critica in un’opportunità di innovazione, trasmissione di saperi e crescita collettiva.
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* Ilaria Trainito è Psicologa del lavoro e delle Organizzazioni; Consulente aziendale e formatrice nell’ambito del benessere organizzativo, dello sviluppo delle competenze trasversali e della promozione delle Pari Opportunità. Esperta in Parità di genere, D&I e valutazione e gestione dei rischi psicosociali.