Il Modello Ligure per l’invecchiamento: la sfida relazionale tra prossimità e integrazione in un welfare frammentato

di Agnese Giangrasso*

Non si finisce mai di imparare a vivere, e neppure si invecchia.
Seneca, Epistulae morales ad Lucilium

L’invecchiamento, lungi dall’essere una fase statica, è un processo profondamente dinamico e personale, eppure spesso viene descritto attraverso categorie e stereotipi che ne appiattiscono la complessità. Si tende a ridurre la terza età a un destino di fragilità e passività, o a un “carico assistenziale” per il sistema di welfare. Tali generalizzazioni, sebbene possano semplificare il dibattito, falliscono nel cogliere la ricchezza di senso e la specificità biografica di ogni individuo. Non esiste un’unica categoria di “anziano”, ma una pluralità di percorsi di vita che impongono un approccio delicato e individualizzato.
È da questa consapevolezza che emerge l’esigenza di orientare ogni risposta al concetto di Nuova Longevità, che non si limita a estendere gli anni di vita, ma ne enfatizza l’arricchimento in termini di significato e benessere. Da una prospettiva psicosociale, ciò implica un focus sull’adattamento psicologico e sull’integrazione sociale. L’invecchiamento attivo e la partecipazione sociale non sono più visti come semplici obiettivi di salute pubblica, ma come elementi cruciali per mantenere identità, scopo e autostima.
Partendo da un breve quadro normativo nazionale e regionale, si elaborerà una mappatura, basata sull’analisi delle carte dei servizi delle 5 ASL e dei rispettivi capoluoghi di provincia, dei servizi sociosanitari proposti dalla Regione Liguria al fine di evidenziare le innovazioni, le criticità e le prospettive future del welfare ligure per le persone over 65.

Verso l’integrazione: un breve accenno alla normativa
Dagli anni 2000, i decisori politici italiani hanno intrapreso un percorso progressivo finalizzato a superare la frammentazione nel settore sociosanitario, elaborando un corpus di leggi volte all’integrazione dei servizi e delle professionalità. La Legge n. 328 del 2000 ha posto le prime basi per un sistema di interventi unitario, mentre il Decreto Legislativo n. 147 del 2017 ha contribuito alla definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), sancendo un diritto universale alla qualità della vita. La spinta decisiva per l’integrazione tra ospedale e territorio è arrivata con il Decreto Ministeriale n. 77 del 2022, che, all’interno della Missione 6 del PNRR, ridefinisce il sistema assistenziale sociosanitario territoriale promuovendo un approccio di forte prossimità. Infine, la Legge n. 33 del 2023 ha delegato al Governo il riordino delle politiche per gli anziani, fondato sulla continuità di cura a domicilio e il riconoscimento della dignità della persona anche nel fine vita.
A livello regionale, la Liguria ha intrapreso un percorso evolutivo significativo, evidente già dalla fine degli anni 2000. La Legge Regionale n. 48 del 29 dicembre 2009 si era, infatti, distinta per essere tra le prime in Italia a disciplinare in modo specifico il tema dell’invecchiamento attivo. Negli ultimi anni, inoltre, l’attenzione verso i servizi per la cronicità e l’invecchiamento è stata rafforzata dal Piano Sociosanitario Regionale 2023-2025 e dal Piano Sociale Integrato Regionale (PSIR) 2024-2026, frutto di un intenso confronto con l’ANCI Liguria e il Terzo Settore. Oggi, l’integrazione a livello locale, grazie anche a un sempre più diffuso utilizzo degli articoli 55, 56 e 57 del Codice del Terzo Settore, avviene tramite strumenti innovativi quali la co-programmazione, la co-progettazione e i Patti di Sussidiarietà, accordi di collaborazione tra pubblico e privato in linea con l’articolo 118 della Costituzione.
Vale la pena infine ricordare la Legge n. 69 del 18 giugno 2009, che ha ribadito l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di adottare le Carte dei Servizi, trasformandole in uno strumento indispensabile per la programmazione e la valutazione della qualità dei servizi erogati, specialmente in ambito sanitario e sociale.

Le Carte dei Servizi: orientare il cittadino
Le Carte dei Servizi delle singole ASL e dei 5 comuni di riferimento fungono da bussola per il cittadino all’interno del complesso sistema del welfare ligure. Più che semplici opuscoli informativi, queste carte si configurano come un vero e proprio patto di fiducia e trasparenza tra gli enti erogatori e il cittadino. Descrivono con chiarezza i servizi offerti, i loro standard di qualità e le modalità di accesso, garantendo che i diritti e i doveri di chi usufruisce dei servizi siano noti e rispettati.
Un’analisi attenta di questi documenti rivela una tendenza chiara e innovativa, seppure frammentata, dell’intera Regione: un sistema di welfare che non si limita più ad accogliere l’anziano nelle strutture residenziali, ma si proietta attivamente verso il territorio e, soprattutto, verso il domicilio. È il riflesso di quell’approccio alla Nuova Longevità che valorizza l’autonomia e la dignità della persona, permettendole di invecchiare nel proprio contesto familiare.
Da Ponente a Levante il quadro è complesso. Dalla lettura della documentazione, infatti, pare che ogni ente, seppure garante, a seconda delle competenze, dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) o dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), sviluppi in modo più strutturato alcuni servizi rispetto ad altri.
ASL 1 e ASL 2 pongono in primo piano la residenzialità, attraverso le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e le Residenze Protette (RP), senza trascurare il supporto a domicilio. Il Comune di Imperia, d’altronde, garantisce il trasporto agevolato, mentre Savona valorizza i Centri Diurni come hub di socializzazione e stimolazione cognitiva, al fine di ridurre l’isolamento e preservare l’autonomia delle persone anziane. ASL 3 propone una organizzazione territoriale capillare in cui l’assistenza geriatrica è distribuita tra il Ponente, il Centro e il Levante, con una particolare attenzione anche ai Nuclei Alzheimer. Dall’altro lato il capoluogo ligure si distingue per un’offerta che va oltre la cura diretta. Un esempio illuminante è il servizio di Anagrafe a domicilio per gli ultraottantenni, che elimina le barriere burocratiche per chi ha difficoltà a muoversi. Questa attenzione ai dettagli pratici, unita all’assistenza in strutture convenzionate con ASL3, evidenzia come la dignità e l’autonomia della persona siano considerate prioritarie nell’implementazione di un welfare di prossimità. ASL 4, tra gli altri servizi, punta sull’assistenza domiciliare integrata (ADI), mentre il Comune di Chiavari si fa notare per avere costruito una rete di protezione solida e pragmatica. La carta dei Servizi Sociali, infatti, pone l’accento su una assistenza al domicilio, che include non solo il supporto alla persona ma anche la consegna dei pasti caldi a domicilio. Questo servizio, unito a un accesso facilitato alle strutture residenziali, crea un sistema che alleggerisce il carico assistenziale sulle famiglie e allo stesso tempo permette all’anziano di rimanere nel proprio ambiente familiare il più a lungo possibile. ASL 5 La Spezia, infine, rafforza il suo impegno attraverso i Punti Unici di Accesso (PUA) e la promozione dei progetti di Memory Training che promuovono l’invecchiamento attivo. Mentre il Comune della Spezia, attraverso lo Sportello di Cittadinanza attiva progetti come il Buon Vicinato o il servizio di telefonate periodiche per ridurre la solitudine, dimostrando una forte attenzione al benessere emotivo e sociale.
Quanto appena descritto delinea una evoluzione del welfare regionale, che attraverso i tentativi sempre più concreti di collaborazione tra ASL e Comuni, da un modello di assistenza passiva si muove sempre di più verso un approccio proattivo e di prossimità. La sfida ora è, quindi, in concreto, quella di garantire che questi servizi, pur innovativi, siano accessibili e conosciuti da tutti i cittadini, specialmente i più fragili, al fine di sostenere un invecchiamento dignitoso, in cui la persona non sia un peso per la società, ma un individuo con un suo valore e un suo ruolo.

La Struttura del sistema e i Punti di Accesso: Il ruolo cruciale della relazione
La peculiarità demografica della Liguria, caratterizzata da una delle popolazioni più anziane in Italia, impone una riflessione approfondita sulle risposte sistemiche all’allungamento della vita. La Regione, come abbiamo visto, affida la gestione del welfare alle cinque Aziende Sanitarie Locali e ai Comuni ovvero agli Ambiti Territoriali Sociali (ATS). Inoltre, ha individuato, nel tempo, alcuni punti di contatto primari per l’intercettazione dei bisogni dei cittadini e l’elaborazione di risposte mirate. Gli snodi cruciali, definiti, a livello normativo, per garantire la continuità dell’assistenza sociosanitaria includono: i Punti Unici di Accesso (PUA) o Sportelli Integrati, configurati come una vera e propria porta d’ingresso alla rete assistenziale; le Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), preposte all’elaborazione di Piani Assistenziali Individualizzati (PAI), sulla base dei quali possono essere erogate le prestazioni; e, infine, le Centrali Operative Territoriali (COT), che coordinano e integrano i servizi sanitari e sociosanitari per garantire la continuità dell’assistenza.
A supporto di questi punti, inoltre, Regione Liguria ha attivato il Call Center Regionale Informanziani (800.59.32.35) che offre un servizio gratuito di informazione e orientamento telefonico, contribuendo a rendere il sistema più accessibile.
Tutti questi strumenti, sebbene cruciali per l’architettura del sistema, rischiano di non risultare pienamente efficaci se non inseriti in un contesto organizzativo che valorizza l’apprendimento e le competenze soft. Un sistema di presa in carico, in cui la relazione con le persone è centrale, non può, infatti, esaurirsi nella definizione e nella scrittura di procedure, ma necessita di innescare dinamiche di relazione e cura. In quest’ottica, il vecchio modello di gestione della pubblica amministrazione, ancora ampiamente utilizzato anche in ambito sanitario, ovvero il New Public Management (NPM), basato su standard rigidi, si rivela insufficiente e inadatto a contesti complessi come il welfare per gli anziani. Un’alternativa promettente, appare, invece, lo Human Learning System (HLS), un sistema di gestione dei servizi umano e centrato sull’apprendimento, capace di evolversi costantemente adattandosi ai bisogni reali degli individui. Basandosi sulle persone, favorisce la presa in carico grazie allo sviluppo di tre dimensioni fondamentali relative al Sé dell’operatore: il Sé Professionale che comprende le competenze tecniche, le conoscenze procedurali, normative ed economiche essenziali per svolgere il proprio ruolo; il Sé Personale che si riferisce alle competenze relazionali e alle soft skill dell’operatore, quali l’empatia, l’ascolto profondo, la sensibilità e la capacità di comunicazione. È questo l’aspetto che trasforma una semplice procedura burocratica in un’esperienza di supporto autentico, restituendo alla persona la sua dignità e il suo valore. E, infine, il Sé Privato, in cui la dimensione personale dell’operatore, pur restando esterna al contesto lavorativo, influenza e modella il modo in cui i primi due Sé vengono messi in pratica.
L’efficacia dei punti di contatto, quindi, pare strettamente legata all’integrazione di questi tre aspetti. Se persino l’OMS ha, infatti, definito le soft skill come “la capacità di adottare comportamenti adattivi e positivi che consentono agli individui di affrontare in modo efficace le richieste e le sfide della vita quotidiana”, diviene essenziale diffondere la cultura della loro valorizzazione al fine di creare servizi sempre più centrati sulla persona. Il pensiero critico, la comunicazione efficace e la creatività sosterrebbero l’implementazione di un sistema capace di fronteggiare persino la limitatezza delle risorse. Ciò non di meno, si dovrebbe investire in politiche formative centralizzate e focalizzate su aspetti tanto fondamentali per l’efficacia organizzativa quanto per il benessere di tutti gli attori coinvolti.
In tale ottica, i punti di contatto tra la persona anziana e il sistema sono pregni di interazioni psicosociali cruciali che modellano il senso di autonomia, autostima e appartenenza delle persone stesse. Pertanto, l’intero sistema di welfare rivolto agli anziani non può che non riconoscere che l’invecchiamento è un processo profondamente umano e sociale e si basa sull’identità e il ruolo sociale, la percezione di sé e la salute emotiva, e le reti sociali e i legami comunitari.

La Rete Servizi: Domiciliarità, Prossimità, Prevenzione, Innovazione
A partire dai punti di contatto, la Regione ha sviluppato una rete di servizi finalizzata a operare su più fronti, concretizzando in tal modo l’approccio proattivo della Nuova Longevità. Ogni asse di intervento, pur nella loro diversità, pare condividere l’obiettivo di superare la visione assistenziale passiva e di costruire un supporto il più possibile integrato, accessibile e vicino al cittadino.
Il primo, e forse più cruciale, degli assi d’intervento è rappresentato dai Servizi Domiciliari e di assistenza per persone non autosufficienti. Il Rapporto OASI 2024 stima, infatti, che a livello nazionale circa il 28,4% della popolazione anziana sia non autosufficiente. Pertanto, proiettando questa percentuale sulla Liguria, si può ipotizzare che oltre 120.000 anziani necessitino di assistenza. L’obiettivo è mantenere il più a lungo possibile la persona nel proprio ambiente di vita, preservando le sue relazioni e abitudini, con un forte impatto sul suo benessere psicologico. Oltre all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), gestita dalle ASL, e ai Servizi di Assistenza Domiciliare (SAD), in capo ai Comuni, un’iniziativa particolarmente innovativa è il progetto RSA Aperte (in attuazione della DGR n. 290 del 2019 e n. 227 del 2020), che estende le prestazioni residenziali al domicilio dell’anziano. Con questa misura la Liguria cerca di superare la rigida dicotomia tra assistenza residenziale e domiciliare, valorizzando la dimensione affettiva e relazionale della persona.
Un secondo asse di intervento è quello relativo alla prossimità. L’importanza di questo asse si manifesta in iniziative concrete e attive come i “Maggiordomi di Quartiere” e i “Custodi Sociali”. I documenti pubblicati sul sito di Regione Liguria indicano 23 sportelli di Maggiordomi operativi, con una presenza stimata di 46 maggiordomi (almeno 2 per sportello), che fungono da punto di riferimento per gli anziani e le loro famiglie in tutte le province. Alla Spezia, dal luglio 2025, ASL5 ha coinvolto il Comune e il Terzo Settore (Isforcoop e Mondo Nuovo Caritas) per avviare una sperimentazione finalizzata alla segnalazione dei bisogni sociosanitari da parte dei maggiordomi, attivando un’équipe multidisciplinare di presa in carico territoriale. Il progetto dimostra come il ruolo del maggiordomo non sia solo di supporto pratico (fare la spesa, sbrigare pratiche burocratiche), ma anche di sentinella che, attraverso la collaborazione con i servizi sociosanitari, ha un impatto diretto sul benessere psicologico degli anziani, fornendo un punto di riferimento umano e costante e riducendo la solitudine, principale fattore di rischio psicosociale.
Relativamente all’area della Prevenzione e dell’Invecchiamento Attivo, per contrastare l’insorgenza o il peggioramento di alcuni disturbi cognitivi, sono stati realizzati i Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD), gestiti dal servizio sanitario. Mentre per prevenire le conseguenze dell’esposizione a condizioni climatiche quali per esempio il caldo estremo di quest’estate, ASL1 ha attivato il progetto “Anziani Emergenze Climatiche”, che mira a proteggere la popolazione anziana dagli impatti dei cambiamenti climatici, fornendo supporto e assistenza o ancora le isole climatiche. Mentre il comune della Spezia ha avviato delle “Aree Oasi – Emergenza Climatica”. Si tratta di spazi climatizzati e attrezzati, solitamente all’interno dei Centri Sociali Anziani (CSA), che offrono un rifugio dal calore estivo. All’interno di queste “oasi” vengono proposte attività di socializzazione, laboratori ludico-ricreativi e ginnastica dolce. Per le persone con difficoltà motorie, sono previsti anche servizi di trasporto e la consumazione del pasto. L’iniziativa rientra in un programma estivo più ampio che include gite, passeggiate e altre attività ricreative, dimostrando l’attenzione del Comune non solo al benessere fisico ma anche a quello psicologico e sociale della popolazione anziana.
Inoltre, per promuovere l’invecchiamento attivo, nella Regione si registrano una varietà di iniziative, tra cui i Centri Diurni Socio-Ricreativi (come quelli dell’ASL 3), che offrono opportunità di socializzazione e attività occupazionali. I Corsi di Attività Fisica Adattata (AFA) come i “Gruppi di Cammino” (ASL 3), o ancora, i programmi di Memory Training (che ASL5 ha autofinanziato nell’aprile 2025). Tutte queste progettualità sono attive e contribuiscono a rafforzare il senso di comunità e a mantenere le capacità cognitive e fisiche degli anziani, elementi cruciali per il loro benessere emotivo e per il mantenimento di una rete sociale.
Sul fronte dell’Innovazione tecnologica, infine, la Liguria ha trovato una risposta alle sfide imposte dalla sua orografia attraverso progettualità come Neirone in Salute di ASL 4 [Neirone è un piccolo borgo in Provincia di Genova n.d.C.] Questa sperimentazione, integrando la telemedicina e la figura degli Infermieri di Famiglia e Comunità (IFEC) per superare le barriere geografiche nelle aree interne, dimostra come la tecnologia possa migliorare l’accessibilità ai servizi sanitari, riducendo l’isolamento e garantendo una continuità di cura anche in contesti difficili, con un impatto positivo sulla sicurezza percepita e sulla tranquillità delle persone anziane.

La residenzialità: una sfida tra numeri, modelli e persone
Se l’assistenza domiciliare incarna la frontiera della Nuova Longevità, la residenzialità rimane un pilastro insostituibile, seppur carico di sfide, del sistema di welfare ligure. Il suo ruolo non è statico, ma si inserisce in una rete di servizi che tenta di superare la rigida dicotomia tra cura a casa e in struttura, valorizzando la dimensione affettiva e relazionale della persona. Un’analisi approfondita dei dati rende palpabile la portata di questa sfida.
Se si considerano gli 11.233 posti letto accreditati e funzionanti in Liguria contati nello Studio del Dipartimento Ricerca e Formazione FNP CISL LIGURIA del 2020, che seppure datato, può essere considerato una buona base di partenza, e le 460 strutture accreditate registrate sul sito di ALISA, è possibile calcolare una capienza media di circa 24 ospiti per ciascuna. Questo numero, che peraltro riflette una realtà frammentata, deve confrontarsi con una ulteriore sfida grande: il personale minimo necessario a garantire un’assistenza adeguata.
L’impegno di personale, calcolabile in base ai requisiti organizzativi del Manuale di Autorizzazione al Funzionamento (Delibera di Giunta Regionale n. 387 del 27 aprile 2023), si traduce in un fabbisogno che coinvolge migliaia di professionisti: dai circa 94-187 Medici; alle circa 140-539 unità di Personale Riabilitativo, ai circa 609-983 Infermieri, ai circa 2.058-2.106 OSS.
Tali conti, tuttavia, devono essere letti alla luce della Delibera Regionale stessa che distingue le strutture anche per tipologia e numero di posti letto. Ciò significa che le esigenze di personale e di organizzazione interna non sono uniformi, ma variano a seconda del modulo e dell’intensità assistenziale, rendendo la pianificazione ancora più complessa.
Un simile scenario, dunque, carica ulteriormente la pressione costante da parte delle 120.000 persone non autosufficienti, precedentemente ipotizzate, sul sistema di welfare regionale. E il recente annuncio dell’Assessore alla Sanità e alle Politiche Sociali, dell’apertura di 80 nuovi posti letto a Savona, sebbene positivo, risulta poca cosa in quanto si andrebbe a coprire solo una piccola parte del fabbisogno complessivo, mantenendo la sfida strutturale.
Le implicazioni di una analisi simile non sono, pertanto, solo quantitative, ma sfiorano la sfera più intima e profonda della persona. La disponibilità di personale e di posti letto non è una semplice questione di dati, ma un elemento cruciale che influenza direttamente la qualità della relazione tra operatore e persona che necessita assistenza e quindi la qualità dell’assistenza stessa. Si tratta di professioni che, come già ribadito, richiedono non solo competenze tecniche, ma anche una solida formazione relazionale per affrontare la complessità emotiva e psicologica degli anziani e di condizioni di lavoro adeguate. La precarietà dei contratti e i turni estenuanti, spesso associati a salari insufficienti, sono, infatti, fattori che contribuiscono a un alto rischio di burnout tra gli operatori.
Un numero insufficiente di professionisti e condizioni strutturali e organizzative precarie implicano inevitabilmente una limitazione al tempo per l’ascolto, l’empatia e la costruzione di un legame significativo, trasformando l’assistenza in un compito meccanico e inanimato. La frizione tra la logica dei minutaggi e la profonda necessità di cura umana è il cuore della questione, un’eco della critica al New Public Management. Al contrario, un investimento mirato nelle risorse umane, che includa la stabilizzazione dei contratti e percorsi di formazione continua, permetterebbe di elevare le RSA da luoghi meramente assistenziali a comunità accoglienti, centrate sulla persona.
È in tale contesto che le RSA Aperte si rivelano particolarmente utili. Estendendo i servizi residenziali al domicilio dell’anziano, la Liguria sta tentando di superare la rigida dicotomia tra “casa” e “struttura”. L’iniziativa non solo, quindi, risponde a una chiara necessità di assistenza, ma dimostra un’evoluzione concettuale che valorizza la dimensione affettiva e relazionale della persona, restituendole la possibilità di invecchiare nel proprio ambiente. In definitiva, la vera sfida della residenzialità non è solamente quella di garantire un numero sufficiente di letti o di personale, ma trasformare le strutture in luoghi che favoriscano il mantenimento del benessere, dell’identità e del ruolo sociale dell’anziano.

Conclusioni: Prospettive per un Welfare Resiliente e Centrato sulla Persona
Il sistema descritto ambisce a trascendere la distinzione tra le sfere sociale e sanitaria per tendere a un’unione che superi le barriere settoriali sulla base dei LEA e dei LEPS, in sostanza a una vera integrazione basata sull’interprofessional care. L’analisi, tuttavia, rivela un quadro assai più complesso. Malgrado le solide basi normative e le intenzioni strategiche, sostenute da meccanismi collaborativi come la co-programmazione e la co-progettazione, la piena attuazione del modello ligure è ancora inibita da una disarmonica eterogeneità di interventi e normative locali.
In siffatto scenario, il fulcro del dibattito si sposta dalle questioni strutturali alla qualità delle dinamiche relazionali. Fortissime criticità, come si è scritto, emergono, infatti, nell’ambito del personale e delle condizioni di lavoro, diretta espressione delle limitazioni del NPM, che si dimostra insufficiente a rispondere alla complessa trama dei bisogni umani e a valorizzare la sua risorsa più preziosa ovvero il capitale umano.
Per affrontare una tale sfida, è imperativo un cambiamento di paradigma verso un modello come l’HLS, che pone al centro l’apprendimento e la cura. L’efficacia di strumenti quali i PUA o le COT è intrinsecamente legata alla capacità degli operatori di mobilitare le proprie soft skills. L’empatia, l’ascolto e la sensibilità trasformano il compito burocratico in un’esperienza di autentico supporto, restituendo dignità al beneficiario.
In sintesi, il modello ligure si erge su un’impalcatura normativa robusta e una visione lungimirante. I suoi punti di forza, tra cui l’innovazione dei progetti, la sinergia con il Terzo Settore e un notevole posizionamento nel Welfare Italia Index 2022, sono innegabili. Ciononostante, si scontrano con criticità persistenti come l’elevata pressione demografica, la sofferenza del personale e la frammentarietà degli interventi. A ciò si aggiunge il dubbio sulla loro piena e capillare realizzazione, dal momento che la scarsità di dati certi impedisce di valutarne la concreta operatività su vasta scala.
La piena sostenibilità di questo sistema è, dunque, in discussione. Per forgiare un welfare realmente centrato sulla persona, la Regione deve agire su molteplici fronti con determinazione. È indispensabile un investimento massiccio nel capitale umano, non solo in termini numerici ma anche di formazione tecnica e relazionale, perché sono gli operatori a incarnare la cura. Superare la frammentazione non significa semplicemente ottimizzare i flussi burocratici, ma tessere una “rete di connessioni” che offra alle persone anziane un senso di appartenenza e sicurezza, combattendo l’isolamento.
Infine, la digitalizzazione deve essere pensata per supportare l’interazione umana, non per sostituirla. I servizi digitali vanno progettati come strumenti di inclusione, garantendo che la persona anziana non si senta esclusa. Solo attraverso un impegno sinergico e costante su questi fronti, la Liguria potrà diventare un faro per un sistema di welfare che non si limita ad assistere, ma che promuove la qualità della vita e il benessere psicosociale di ogni persona in ogni fase del suo invecchiamento.

BIBLIOGRAFIA
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*Agnese Giangrasso: è una professionista sanitaria di ASL5 Liguria con una specializzazione in scienze riabilitative e organizzazione dei servizi educativi. Si occupa di programmazione sociosanitaria territoriale e, nell’anno accademico 2025/2026, insegnerà a contratto Psicologia dell’Educazione presso il corso di laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie all’Università degli Studi di Genova.